Identità Golose 2017: che cosa ho imparato

Sabato 4 marzo ha avuto inizio la tredicesima edizione di Identità Golose, il congresso gastronomico che richiama a Milano chef, addetti del settore e appassionati per fare il punto sulle nuove tendenze in fatto di alta cucina, a livello nazionale e internazionale.

Il tema di quest’anno ha ripreso il discorso su “La Forza della Libertà” iniziato lo scorso anno, focalizzandosi sul Viaggio.

Identità Golose è una preziosa opportunità di confronto e di apprendimento, e qui condivido con voi quello che ho imparato durante la giornata di apertura del congresso.

1. PRODOTTI DEL TERRITORIO, IDEE DAL MONDO

“Quello che deve viaggiare nel mondo sono le idee, non le materie prime”. Con questa frase un emozionato Cesare Battisti, chef del Ratanà di Milano, mette subito in chiaro sul palco della Sala Auditorium la sua opinione sul tema. Basta branzini e lattughe a basso costo provenienti da Australia e Israele, e ben vengano ingredienti da bravi produttori del territorio, rielaborati dalla creatività dello chef, applicando tecniche e idee provenienti da tutto il mondo. Un po’ come in uno dei piatti presentati da Battisti, la Polenta e il Capriolo, dove la carne viene presentata a tartare e lavorata con la tecnica giapponese del tataki, e dove al posto della soia utilizza una salsa da lui prodotta a base di lenticchie fermentate.

photo credit ©Brambilla Serrani
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2. CUCINA COME LUOGO DI STRATIFICAZIONI CULTURALI

“Futuro è mettere in relazione radici profonde con nuovi rami, per dare vita a nuovi frutti. E la cucina è il primo luogo dove questo è avvenuto”

Sarà che il suo ristorante, L’Argine a Vencò, si trova quasi in bilico tra Italia e Slovenia, ma l’apertura verso “l’altro” e la capacità di ascolto fanno da sempre parte di Antonia Klugmann.
Ed è così che in uno dei piatti da lei presentati – Rapa, crauti e tartufo – il crauto viene ottenuto fermentando una specifica varietà di cavolo cappuccio, secondo una tecnica imparata dalla “regina dei fermentati”, una ragazza dell’Ucraina che fa parte della sua brigata. Il cavolo viene mescolato insieme a un 5-7% di sale, e mischiato a delle mele, frutto che ne facilita la fermentazione e conferisce complessità aromatica.

3. FROM ASIA WITH LOVE: LA FERMENTAZIONE

Un filo rosso che ha accomunato molti degli interventi da me seguiti è l’utilizzo della fermentazione.

In Europa la associamo a pane, birra e vino, ma è da millenni che, soprattutto in Asia, viene utilizzata per verdure e salse. La fermentazione è stata protagonista durante la giornata di sabato a Identità Golose: dalla salsa di lenticchie fermentate di Cesare Battisti, al crauto della Klugmann – di cui ho parlato nei punti precedenti – a uno dei piatti presentati da Valeria Mosca, esperta di alimurgia, foraging e cucina, e fondatrice di Wooding Lab.

Nella sua Bottarga di lago con mele selvatiche fermentate due volte, le mele subiscono infatti prima una lattofermentazione e successivamente una leggera fermentazione alcolica. Tuttavia Valeria Mosca ci svela come questa tecnica venisse utilizzata anche sulle nostre Alpi per poter consumare alcune erbe, come il Rumex Alpinus.

photo credit ©Brambilla Serrani
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4. DOLCI CONTRASTI

Ad aprire gli interventi del pomeriggio in Sala Auditorium sono Eleonora Cozzella, giornalista di Repubblica, insieme ad Iginio Massari. La sala principale del congresso viene dedicata per tutto il pomeriggio alla pasticceria.

Non potevo perdermi Corrado Assenza, eclettico pasticcerie e proprietario del Caffè Sicilia di Noto, il quale mostra il suo concetto di pasticceria, un dialogo tra sapidità e dolcezza in cui il pasticciere moderno ha il compito di cercare le dolcezze naturali del cibo.

Sul palco descrive piatti in equilibrio tra dolce e salato, come il Cappello del prete di Franco Cazzamali, marinato per sette giorni nel miele, poi cotto a bassa temperatura e abbinato a salicornia, finocchio di mare e zenzero candito. Oppure il sorbetto di mauro catanese, un alga venduta al banco dei coquillages al mercato del pesce, e qui abbinato a un sorbetto di pompelmo.

Dente di cane

5. STAGIONALITÀ E INTEGRITÀ DELLA MATERIA PRIMA

“Le stagioni sono determinate dal prodotto selvatico”. Così Paolo Lopriore, chef de Il Portico di Appiano Gentile, ci rinfresca il concetto di autentica stagionalità dei prodotti, mentre costruisce il suo piatto di Cucina Conviviale – Sciatt, patate affumicate, bietole, olio di noce e nocino – creato per risvegliare il palato dall’inverno.
Niente è più di stagione di un erba di campo. Valeria Mosca ci ha fatto scoprire fiori, erbe e radici selvatiche e commestibili. Dal più conosciuto aglio orsino, al dente di cane, un fiore che si trova in questo periodo nei boschi intorno a lei in Brianza, e che ha il sapore di una mandorla dolce (è vero, l’ho assaggiato!).

Non solo stagionalità, ma rispetto dell’integrità della materia prima. Cesare Battisti nel suo Risotto con cime di rapa, salsiccia di Bra e croccante di aglio, olio e peperoncino non butta via niente dell’ortaggio (cimette scottate e estratto di foglie).
Anche Antonia Klugmann palesa la volontà di valorizzare il prodotto, senza sprecarlo e restituendone identità e integrità. Il finocchio viene quindi distrutto dalla chef e poi ricomposto nei suoi elementi: il cuore, cotto nel suo brodo, e abbinato a liquirizia, anice stellato e cioccolato; i gambi, elemento croccante; gli scarti, brasati e ridotti a purea; infine polline dei fiori di finocchio.

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Identità Golose 2017: che cosa ho imparato

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