Le mandorle di Toritto e l’anima gourmet di Altamura

Ultime tappe del nostro tour pugliese, prima di iniziare a risalire lo stivale.

Percorriamo la statale che collega Bari ad Altamura, e ci fermiamo nel piccolo paese di Toritto, paese dell’olio d’oliva e della mandorla, come recita il cartello di benvenuto stesso. Il motivo per cui son voluta passare di qui sono proprio le mandorle locali, Presidio Slow Food.

Mandorle di Toritto

Ci avventuriamo nella campagna per vedere i mandorleti e rimaniamo affascinati da questa pianta a noi del nord quasi sconosciuta, tanto da averla scambiata inizialmente con il ciliegio, avendo dei fiori molto simili.

Ambientandosi bene in terreni poveri e aridi, i mandorli rappresentano una grande risorsa per il sud Italia e non solo per il pregiato seme, o nocciolo, come lo chiamano da queste parti. Anche il mallo della mandorla è molto utile. Esso viene utilizzato per accendere il fuoco, donando sia in grigliatura che in affumicatura (come per il Capocollo) un’aroma speciale.

Qui a Toritto si sono sviluppate cultivar autoctone di eccellenza, il cui nome deriva da illustri cittadini torittesi, come la varietà Filippo Cea, utilizzata anche per alcune linee di confetti dalla Confetteria Mucci, di cui ho parlato qui.

Entriamo in un panificio a chiedere informazioni e ci ritroviamo ad assaggiare deliziosi prodotti da forno locali, offerti da una gentile e generosa signora. Taralli, biscotti con marmellata fatta da lei, cantucci leggeri e croccanti detti “marzapane” e mandorle tostate. Non ho potuto fare a meno di comprarne direttamente da loro un kilo, provenienti dal mandorleto di famiglia. Non so a quale cultivar appartengono, ma hanno un calibro grande e un sapore carico e pastoso.

Più ci avviciniamo ad Altamura, più il paesaggio cambia. Gli ulivi si diradano e l’arida pianura fa spazio a verdi colline puntellate di pecore.

Siamo nell’Alta Murgia, dove ho scoperto una solida tradizione casearia, soprattutto da latte ovino, ed un largo utilizzo di erbe selvatiche nella cucina tradizionale.

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In tavola al Pein Assutt, un’osteria verace altamurana, abbiamo trovato le cicorielle, raccolte nella campagna murgiana e accompagnate dall’immancabile purea di fave, e i cardoncelli (foto sopra), dei cardi selvatici tipici che si trovano solamente in primavera. Qui nelle Murge, tuttavia, con il termine cardoncello si indica più comunemente un fungo selvatico tipico, anch’esso protagonista nei menu e sui piatti delle famiglie locali insieme ad altre erbe spontanee come le bietoline, i finocchietti, i sivoni, un tipo di cicoriella selvatica e i localissimi lampascioni (foto sotto), bulbi di una pianta simili ai cipollotti ma dal sapore più amarognolo.

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Ciò che rende celebre e nota questa città è senz’altro il suo pane, il primo ad aver ottenuto la DOP, nel 2005.

Il disciplinare del Pane di Altamura DOP stabilisce che può essere prodotto esclusivamente nel comune altamurano, utilizzando semola di grano duro rimacinata, proveniente da determinati comuni dell’Alta Murgia, e lievito madre. La pezzatura non può essere inferiore ai 500 gr nella tradizionale forma a cuore, e al taglio presenta una crosta scura e non troppo sottile e una mollica compatta color giallo paglierino.

Il processo produttivo unito alla qualità degli ingredienti selezionati conferiscono carattere e sapore a questo pane e lo rendono conservabile a lungo. Questo ha facilitato la commercializzazione in tutta Italia e all’estero, diventando a tutti gli effetti una celebrità dell’arte bianca nostrana di eccellenza.

Altamura

Su consiglio di un amico originario di qui, passiamo all’Antico Forno Santa Chiara, sito in una traversa del centro e ben segnalato anche dai cartelli. Entrando nel negozio sembra di tornare indietro nel tempo; ci ritroviamo in quello che sembra un piccolo appartamento dove la produzione di pane e focacce avviene davanti agli occhi di noi turisti affascinati. Tutto il locale è sui 50 mq e ed è il forno più antico della città, costruito nel XVIII secolo per fornire pane alle suore del vicino convento di Santa Chiara. In quel momento avevano appena sfornato le focacce baresi e saremmo stati eretici a non comprarne almeno una metà… Leggera e soffice, grazie alla presenza della patata nell’impasto e ben condita. Ottima, davvero una tappa obbligatoria per chi è di passaggio ad Altamura.

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Focaccia barese

Passeggiando nell’elegante e vissuto centro altamurano, proprio a fianco della Cattedrale si trova il Caffè Ronchi. Qui è possibile assaggiare o acquistare una bottiglia di un amaro locale a base di noci ed erbe, dall’intensa speziatura di chiodi di garofano. Viene prodotto da quasi due secoli dalla Famiglia Striccoli, usando la ricetta del frate Giuseppe Ronchi, da cui deriva il nome Padre Peppe. Compratene una bottiglia e tenetela in freezer per servirla agli amici a fine pasto. Vi ringrazieranno.

Anche se già sazia dalla focaccia, non posso lasciare questa città senza fare visita alla Pasticceria Reale. Mi hanno raccontato che qui sono nate le Tette delle Monache altamurane, dette anche Sospiri, delle soffici paste di pan di spagna, ripiene di crema chantilly all’italiana, ossia una crema pasticcera alleggerita da panna montata. Fresche e leggere, assolutamente da assaggiare insieme alle numerose varietà di paste di mandorle che producono egregiamente da più di un secolo.

Tette delle monache - Pasticceria Reale

Ad Altamura ho scoperto un’anima gourmet molto più ampia di quello che mi aspettavo. La città è viva ed elegante, il cibo vario ed ottimo, le persone cortesi e disponibili. Sono proprio felice di essermi fermata qui.

Indirizzi utili:

    • Pein Assutt – Corso Umberto I, 56. Altamura
    • Antico Forno Santa Chiara – Via L.Martucci, 10. Altamura
    • Caffè Ronchi – Corso Federico II di Svevia, 87. Altamura
    • Pasticceria Reale – Via Abetone 13/a. Altamura

 

 

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